Simulazione: facciamo finta di aver portato i bambini al museo e di essere nel bel mezzo di una visita guidata ad ascoltare le solite spiegazioni riguardo un’opera. Riusciranno i bambini a tenere l’attenzione per più di 20 minuti? Si distrarranno pensando ad altre cose? Avranno una voglia matta di scappare? Si sentiranno a proprio agio in quell’ambiente? Alzi la mano chi non ha mai provato queste stesse sensazioni anche da adulto. L’unica differenza è che l’adulto maschera molto meglio, talvolta improvvisando addirittura domande che dimostrino interesse, mentre il bambino non riesce a nascondere nulla! Ma chi ha ragione? E’ così sbagliato essere annoiato davanti a delle cose che ci sembrano noiose? La risposta è no, non è sbagliato è naturale. Le opere d’arte conservate nei nostri musei, i siti archeologici, le raccolte, le case storiche, tutto quanto attiene al nostro patrimonio presenta numerose caratteristiche talvolta complesse da divulgare. Per veicolare informazioni di diversa natura occorrono dei sistemi comunicativi accattivanti e interattivi. Ne esistono adeguati per le varie età di riferimento, ma la cosiddetta modalità ludica è valida per tutti i target. Il gioco inteso non come intrattenimento, né come competizione. Ma come scoperta, come strumento per un percorso educativo. E’ un sistema che funziona con i bambini, perché non si propone anche agli adulti? Per attirare l’attenzione dei bambini durante una visita al museo si propongono delle attività mirate e consecutive. Per esempio si invitano i bambini a cercare un particolare all’interno di una grande tela per stuzzicare la curiosità, si creano dei collegamenti con la vita reale per ben disporre all’ascolto, si propongono attività manipolative o operative per rafforzare l’apprendimento. Mi sono detta che sarebbe stato più divertente e più proficuo utilizzare la stessa modalità anche con gli adulti. Quando incontro degli adulti io propongo le stesse cose che faccio fare ai bambini, nutro con maggiori parole la griglia di riferimento, nel senso che spiego le teorie e il percorso che sottendono il mio operato, ma: modifico lo spazio formale, accorcio le distanze, sovverto i punti di partenza e quelli di arrivo, do da fare gli stessi giochi che preparo per i bambini. E in effetti, negli anni, mi sono trovata davanti tante risposte differenti. C’è chi alla proposta di eseguire qualcosa di manuale si è schernito dietro un “Io non so disegnare”. C’è chi non ha voluto sedersi a terra per provare un punto di vista differente. C’è chi fatto fatica a toccare materiali naturali. C’è chi si è divertito e chi ha storto il naso. Da piccoli facciamo fatica a capire il punto di vista dei grandi e da adulti perdiamo il punto di vista dei bambini. Mettere in comunicazione questi estremi potrebbe aiutarci a vivere appieno alcune esperienze che etichettiamo come infantili. I modi e le strade della didattica dell’arte percorribili sono molteplici e con infinite sfumature. Nella progettazione considero sempre il target per cui sto lavorando ma, nei dovuti modi e nelle opportune condizioni, mi piace mischiare un po’ le carte. Se queste aiutano a porsi in maniera rilassata e ricettiva verso i temi e generi dell’arte. Il come ciascuno di noi reagisce alle sollecitazioni, che normalmente riserviamo ai bambini, è tutto da scoprire.