Bambino Ludens

GdLElisabetta

Elisabetta Pezzarossa è MusicArTerapeuta nella Globalità dei Linguaggi, Metodo Stefania Guerra Lisi.     Lavora con bambini, adulti e disabili, destreggiandosi tra attività manuali, teatrali e musicali. Ho conosciuto  Elisabetta circa tre anni fa. L’aver lavorato insieme, in più di un’occasione, ci ha confermato le affinità emerse già dal primo incontro. Di lei apprezzo, in particolar modo, la delicatezza con cui si approccia ai bambini, la magia che riesce a creare quando racconta storie e la seria leggerezza con cui affronta qualunque tipo di impegno.          “Il gioco è l’apice dell’uomo, l’esercizio dello spirito che così diventa un corpo.”   E. Zolla(1)                                       La Globalità dei Linguaggi (GdL) è una disciplina metodologica, in continua ricerca e aggiornamento, nata con l’intento e lo scopo di garantire -mantenendole vive- le risorse comunicative delle persone con disabilità psico-fisiche. Nel tempo il suo utilizzo si è esteso ai contesti più vari -scuole di ogni ordine e grado, centri ricreativi oltre che riabilitativi, case di cura, centri per anziani, corsi di formazione per insegnanti, genitori, educatori e operatori nel settore socio-sanitario- offrendo ai fruitori del metodo nuovi strumenti di operatività e di conoscenza di sé e degli altri: strumenti di arricchimento esistenziale e di sviluppo professionale attraverso una progressiva presa di coscienza di sé, degli altri, dei veri bisogni, dei potenziali e dei mezzi espressivi. Alla base della disciplina ci sono il sentire, l’immaginare, la comunicazione e l’espressione degli esseri umani e tra gli esseri umani con tutti i possibili linguaggi espressivi attraverso il corpo come centro di risorse e propulsore di scoperte.

Per la GdL il bambino, l’handicappato, l’artista sono i soggetti nei quali i potenziali umani si palesano con maggiore immediatezza in virtù della loro spontaneità meno filtrata e condizionata di quella di un adulto medio; essi sanno naturalmente entrare nel profondissimo dialogo dell’infinitesimale sensoriale: vivono il fare come poiein, poesia del fare, reinventano il reale in modi/mondi alternativi a quelli del sogno. E’ viva in loro la capacità di animare le immagini come potere estensivo dell’anima. Fin nel grembo il bambino, l’io fetale, è essenzialmente un io percettivo che compie una metamorfosi seguendo un processo di identificazione con le rappresentazioni inconsce ereditate geneticamente. Gioca a sperimentare lo spazio che lo circonda passando dallo spazio infinito della prima fase di gestazione a quello finito degli ultimi mesi registrando le sensazioni di CONTATTO e di confine inteso come “con-fine, finire insieme”: dove finisce il suo corpo comincia quello materno in un costante dialogo emo-tono-fono-simbolico(2). Nel grembo materno/prima ludoteca, giocando con il proprio corpo in evoluzione, il bambino si predispone a venire al mondo attraverso il parto -chiamato simbolicamente Viaggio dell’Eroe nella GdL- con il passaggio dal buio-acqua alla luce-aria dell’ambiente esterno: qui avviene l’incontro con il seno/primo gioco nel mondo esterno e gradualmente con il proprio corpo e le forme della realtà attraverso la protensione che è curiosità che porta all’aprirsi e al tendersi in esplorazione, attraverso il desiderio e la motivazione. Dinamiche che guidano il bambino nel processo di incorporazione, trasformazione creativa personale e assimilazione della realtà. Il gioco, in quanto attività spontanea che si svolge autotelicamente, è un esperienza antica quanto l’uomo: è strategia della natura per realizzare l’adattamento, è apprendimento di sé e del mondo, perciò non distinguibile dalle attività della crescita ma ne rappresenta la risonanza soggettiva che, laddove non sia impedita e/o controllata, si svolge nel piacere esplorativo e alimenta la gioia. Il bambino, cucciolo della razza umana, ha -come i cuccioli di ogni razza- il gioco insito nella sua natura ed essenza. I bambini dimostrano straordinarie capacità di adattamento e creatività attuando il gioco con quel che c’è e con quel che non c’è ma può esserci magicamente: il gioco può produrre da sé il proprio oggetto, il proprio scenario in un processo dinamico in cui il bambino nutre il gioco in virtù del suo universo immaginifico e contemporaneamente ne viene nutrito. Per la GdL il gioco è metafora, è il mordente che porta il bambino alla misurazione di sé e del mondo, all’apprendimento del rischio, al superamento della gravità nell’illusione di volo propria dell’essere umano. In ogni gioco riaffiorano le memorie affettive e biochimiche del placet (placet-placenta-piacere), memorie universali, e nella messa in gioco con la realtà esse riemergono grazie alla spontanea capacità del corpo di rievocazione. Per tutta la vita le illusioni di piacere vengono dalle reminiscenze primarie del gioco nel grembo: dall’homo in-ludens all’homo ludens! Tutti i giochi nella GdL sono mirati a sollecitare nei bambini il risveglio delle loro sensazioni attivato nel corpo attraverso il principio di piacere che è un principio di realtà: questo sviluppa la padronanza della propria psico-senso-corporeità e la conoscenza di sé e del mondo. I bambini sono naturalmente predisposti a muoversi verso la vita per la conquista di sé, in questa società ricolma di insicurezze e di paure troppo spesso vengono repressi nelle loro libere manifestazioni e nei loro tentativi di riuscire. I giochi GdL pongono l’accento sul liberare la naturale aggressività del bambino: aggredire etimologicamente è ad-gradere, andare verso; nelle attività GdL i bambini sono stimolati a fare da sé per scoprire la propria personale arte di arrangiarsi, la propria capacità di accomodamento nel rispetto dei propri spazi, tempi, bisogni espressivi. Giocare e apprendere il compiacimento di sé che non è istigazione alla vanità e al narcisismo bensì strumento per la conquista della fiducia in sé e quindi della propria autonomia: compiacimento è piacersi insieme, tra sé e con gli altri in un gruppo accogliente che realizzi la continuità primaria con il grembo materno e faccia risuonare positivamente tutte le diverse identità. Il fulcro pedagogico-terapeutico-ludico della Globalità dei Linguaggi è reinsegnare a lasciarsi andare al corpo permettendogli di portare in luce la sua estetica sensoriale, riscoprendo e riappropriandosi della propria innata sapienza, con il piacere di coincidere con la realtà e poter incidere su di essa nella progressiva consapevolezza di poterla possedere piuttosto che esserne posseduti.

(1) Zolla E. “Lo stupore infantile” 1994 ED. Adelphi, Milano
(2) EMO-TONO-FONO-SIMBOLISMO: le emozioni prendono corpo, in una respirazione sonorizzata in fonazione simbolica, nel tono muscolare che attraverso i sensi imprime e registra tutto ciò che viene dell’esterno.