Ho un dichiarato debole per l’Arte orientale. Una predilezione per le stampe giapponesi, che già riprodotte in cataloghi hanno un grande fascino, ma viste dal vivo sono ipnotiche. Così per Natale mi sono regalata, insieme a tutta la famiglia, l’opportunità di visitare la Mostra Hokusai Hiroshige, Oltre l’Onda e il 24 dicembre siamo andati al Museo Civico Archeologico, in una Bologna, fresca, viva e addobbata a festa. Mi sarebbe piaciuto partecipare agli interessanti laboratori organizzati per la Mostra, purtroppo non ci siamo riusciti perché proposti in giorni che non hanno coinciso con il nostro viaggio. Ma abbiamo vissuto lo stesso un’esperienza appagante, lavorandoci un po’ su. Questi i passi che ho messo in atto perché un momento culturale si caricasse anche di un aspetto emozionale. Perché quello che abbiamo vissuto entrasse ad accrescere le conoscenze dei bambini, ma anche il loro tessuto emotivo. Creando un ricordo condiviso, che permane nella nostra storia familiare e nel loro immaginario infantile.
L’invito
L’approccio con cui connotiamo un’avventura spesso ne determina l’andamento e i risultati. In educazione l’imposizione non è la strada più piacevole e nemmeno quella che porta più lontano. Esistono molti sistemi per innescare curiosità e per affezionarsi all’idea di visitare un luogo di cultura, innescare una sana adrenalina, che porterà a vivere l’esperienza in maniera partecipata. Nel mio caso ho attivato un semplice invito. Ho trovato le date della Mostra, ne ho parlato in casa chiedendo a tutti se avevano voglia di accompagnarmi. Ai primi “Anche no!” sono seguiti riflessioni dubbiose fino ad uno stentato “E va bene!”. E tanto mi bastava! A questo punto avevo nelle mani una preziosa opportunità di crescita che non potevo farmi scappare.
La preparazione
Prima che preparare i contenuti della visita occorre creare complicità, giocando con le aspettative e l’immaginario di ciascuno, costruire il momento attraverso l’attesa, la condivisione, lo scambio. Qualunque pretesto per parlarne è funzionale: quanto sarà grande lo spazio, cosa incontreremo lungo il percorso, come saranno illuminate le sale, ecc. Poi lavorare selezionando una o due storie sugli autori o sulle opere. Si può giocare ben prima di arrivare alla visita! Indagare un tema, informarsi su una tecnica, ricercare qualche opera. Una parte di questo lavoro viene spesso fatto dalle pagine Facebook degli eventi. Ma creare una personale ricerca cogliendo spunti e curiosità dei bambin* sarà molto più accattivante, per loro e per noi.
La visita
Dopo aver fatto il biglietto e lasciato gli ingombri negli appositi spazi, abbiamo preso 4 audioguide. Inevitabile che la visita parta insieme e già alla seconda sala ciascuno attivi il proprio passo. Concediamo a ciascuno i propri tempi, anche a costo di alterare il nostro ritmo. Forse risulta più faticoso dover interrompere il proprio pensiero, sostare, rallentare o tornare indietro. Ma in realtà compenetrando il proprio sguardo a quello degli altri si amplifica la percezione complessiva. Se poi lo sguardo è di un bambin* si esce carichi di spunti su cui riflettere, e si rischia di divertirsi parecchio. Potresti scoprire per esempio che ci sia voluto un po’ per sincronizzare l’audioguida alle opere o che non importa arrivare alla fine della spiegazione perché c’è chi già aveva capito come andava a finire.
L’elaborazione
Incontriamoci anche dopo discorrendo intorno a quello che abbiamo visto, in auto tornando a casa, su una panchina mangiando un gelato, mentre si passeggia. Ripercorriamo la visita interrogandoci su cosa ci abbia sorpreso, cosa ci sia piaciuto e cosa no; cosa ci ha incuriosito di più e quello che ci ha annoiato. Generalmente pongo semplici quesiti e rispondo per prima, determinando il tono che voglio dare alla conversazione. A seconda del registro che si attiva possiamo, semplicemente chiacchierando, consolidare informazioni raccolte, porre attenzione su dettagli, aprire nuove strade di approfondimento, compenetrando campo didattico, educativo, emotivo. Sarà poi sorprendente confrontare le nostre posizioni con quelle dei più piccoli. E saranno incredibili le considerazioni, le domande, le risposte che emergeranno.
Il ricordo
Il ricordo è quel frammento, talvolta marginale, che, ad una ragionevole distanza temporale, racchiude l’intero evento. Un profumo nell’aria, un particolare piacevole, un’immagine simbolica, un oggetto nascosto, un’opera suggestiva, una persona incontrata, un soggetto curioso, una tecnica conosciuta. Nel ricordo il racconto può virare verso direzioni inaspettate oppure rappresentare la sintesi coerente di quanto espresso durante la visita. Tornare sulle esperienze vissute insieme alimenta sensazioni positive, rafforza la propria identità e incide sul processo cognitivo. Col tempo perderemo i contorni dei contenuti specifici , come il nome della tecnica di stampa o quelli delle stazioni della via tra Edo e Kyoto. Ma rimarrà una quantità di informazioni che ci hanno attraversato, la capacità di orientarci all’interno di esse, anche a distanza di anni, e soprattutto la sensazione che “In fondo è stato bello” scoprire un pezzetto di storia, di mondo, di vite attraverso l’Arte.
Le mille e una visita
Questa non è l’unica combinazione attuabile, e di certo non sono le sole azioni possibili. Numerose scelte possono essere fatte. Non mi stancherò di ripetere che solo personalizzando criteri e adattandoli ai vostri bambin* (che siano figli, alunni, nipoti, piccoli amici), cucendoglieli addosso in considerazione di età, propensione, passioni (loro e nostre); rispettando i tempi di ciascuno; alternando modalità comunicative e approcci didattici differenti che si centra il risultato. Dove ‘risultato’ per me vuol dire che siamo riusciti a raccontarci qualcosa. Che è messo lì: sottile strato di humus fertile foriero di nuovi incontri per cementare altre narrazioni. Per scoprire il Patrimonio storico-artistico- culturale, chiaro. Ma anche un po’ noi stessi.