Cosa rende un corso di formazione efficace, interessante, diverso dal già sentito? Il segreto è personalizzare il percorso che proponiamo. Plasmarlo intorno alle esigenze di chi ce lo richiede, ma anche raccogliere agli spunti spontanei che emergono e che, se opportunamente trattati, possono rappresentare un elemento distintivo determinante. Determinanti alla riuscita del progetto oppure alla scoperta di propensioni individuali che, mutando l’intero scenario, cominciano a farci agire in maniera apparentemente diversa, ma in realtà profondamente soggettiva. Dunque competenza, creatività, disponibilità, flessibilità. Queste le caratteristiche che mi sento di attribuire a chi forma, ma anche a chi viene formato. Ecco cosa rende opportuni e significativi gli incontri, quelli che si basano sulla RELAZIONE formativa: niente stereotipi e frasi fatte, ma un programma mirato che gestisca le peculiarità dell’ambiente in cui si deve intervenire e le caratteristiche del personale che vi opera. Vi racconto la formazione via skype che ho fatto a Marina e Alison di Washington DC.
Ho lavorato con due persone che di arte ne masticano quotidianamente (l’una curatrice d’arte alla World Bank e l’altra designer e artista) eppure si sono messe in gioco entrando nel mondo della didattica dell’arte per bambini. Perché parlare di arte con i bambini è un’altra cosa. Che piaccia o no!
Marina mi ha raccontato che, cercando nel web le parole chiave, si è imbattuta nel mio sito, lo ha navigato e incuriosita mi ha contattata via mail. Abbiamo preso un appuntamento e fatto la nostra prima video chiamata per prendere accordi progettuali e commerciali. Così è partita quest’avventura!
Le conversazioni sull’arte, ovvero la formazione che io propongo, presuppongono la teoria della didattica, ma con taglio concreto, conformato e adattato alle specifiche esigenze e alle richieste che mi vengono fatte!
Abbiamo concordato un piano formativo comprendente 6 incontri di 2 ore ciascuno in cui affrontavamo gli argomenti di diversa natura. Largo spazio ho assegnato alla condivisione delle mie esperienze e alla progettazione reale, ma tutto è stato finalizzato al raggiungimento degli obiettivi dichiarati.
Abbiamo, dunque, affrontato questioni:
– Metodologiche: il metodo laboratoriale americano è molto rigoroso e prevede 4 fasi- 1.Spiegazione del contesto; 2. analisi filosofico/estetico del movimento o dell’opera dell’artista; 3. Attività manuale; 4. Analisi delle opere realizzate dai bambini. Momento operativo fortemente strutturato; poco coinvolgimento dei bambini.
– Logistiche: la location in cui fare i laboratori. Nella scelta intervengono fattori economici, di distanza, di opportunità della sede, di percezione dell’utenza.
– Organizzative: orari, tempistica, abitudini familiari e tipologia di laboratori da proporre in base agli spazi disponibili.
– Di approccio: impostazione scolastica e relazione docente-discente non paritaria; occupazione standard dello spazio laboratoriale; come ottimizzare le competenze del personale.
– Comunicative : come raggiungere il pubblico e come trattare la relazione con i bambini e con gli accompagnatori dei partecipanti; come fidelizzare l’utenza.
– Contenutistiche : la definizione della priorità degli obiettivi; adattamento dei laboratori al target 5-10 anni; scelta di materiali in funzione degli artisti presentati.
Per ognuna dei quali si è stata studiata una soluzione ad hoc. Nuovi mezzi, nuove idee, nuove interazioni, nuovi interessi.
Fare formazione mirata non è solo una trasmissione di nozioni, ma mettersi in relazione diretta con contesto ben definito con proprie regole e convenzioni. Vuol dire tirare fuori la personale visione di quello di cui si parla, perché è uno degli elementi sensibili più efficaci per trasmettere informazioni.
Non si fa teoria astratta, ma si affrontano le condizioni date con l’approccio del problem solving, per raggiungere le condizioni ottimali in cui l’equilibrio tra i contenuti, il metodo e le opportunità. La società come le abitudini degli italiani in America sono diverse rispetto al nostro Paese, come lo sono da quelle degli italo americano, ovvero i nativi di Washington da una o più generazioni. Ci sono stati diversi elementi di criticità (collegamento a singhiozzo, mutamento di impostazione, adattamento del nuovo approccio, analisi delle proprie preferenze…) tutte superati con entusiasmo e concedendoci del tempo per metabolizzare i cambiamenti.
Ricordo ancora la risposta che mi diede il mio Professore di Chimica del Restauro quando, alla stesura del mio primo articolo da pubblicare, chiesi se dovevo fare un’introduzione generale per inquadrare l’argomento trattato. Lui mi rispose: “L’introduzione è scontata, non perdiamo tempo. Siamo dei professionisti, andiamo dritti al punto.” La lezione mi è servita. Le Conversazioni sull’Arte vanno dritte al punto.