Ogni volta che lavoriamo con i bambini, viviamo un’esperienza diversa. Anche quando realizziamo un progetto permanente e i bambini sono sempre gli stessi. Anche se proponiamo un’unica attività a ciclo continuo, ma con bambini diversi. Ogni settore, qualsiasi situazione, ciascun ambiente offre opportunità di scoperta che va oltre le finalità programmate per il laboratorio.
Se è vero che, per avvicinare i bambini all’arte, dobbiamo non solo trasmettere informazioni, lavorare sulle tecniche, raccontare storie, ma anche creare condizioni adatte per sedimentare conoscenza e per attivare una consapevolezza emozionale, anche in relazione a se stessi. Se è vero questo, ogni incontro è un sorprendente momento di crescita. Per tutti quelli coinvolti: per chi partecipa e per chi lo guida. Per carattere, per esperienza, per approccio quando lavoro con i bambini non posso fare a meno di rilevare alcuni elementi: sono solita registrare dati ‘secondari’ che rielaboro con grande attenzione, che si sedimentano e riemergono ad ogni progetto nuovo che realizzo. Così non presto mai attenzione ad un solo obiettivo. Sono affascinata da tutto quello che le mie proposte mettono in moto. Rapita dalle posture, dai sorrisi, dalle sospensioni, dalle domande e dalle mani.
Le mani come racconto di un approccio alla vita. La diffidenza, la curiosità, l’atteggiamento, l’intuizione. Talvolta la paura e le speranze. C’è a chi piace sporcarle, si concentra su di esse nell’esplorazione e magari si attarda su questa indagine, senza realizzare il lavoro manuale. Qualcuno scopre un piacere inaspettato, e procede a singhiozzi, un po’ lavora un po’ cura le nuove sensazioni che passano attraverso le proprie mani. E soddisfatto della scoperta mi raggiunge dicendo : “Guarda le mie mani!” C’è chi si trova particolarmente a disagio con le mani imbrattate di colore (o colla, o creta o carboncino). Un numero sempre maggiore di bambini, pur lasciandosi convincere a giocare con materiali, prova fastidio a sentirsi impiastricciati e alla fine di ogni passaggio tornano a ripetermi “Ora posso lavare le mani?”.
Sappiamo tutti che la vita dei bambini e cambiata: i giochi sono meno manipolativi e più cerebrali. Prima si usciva in cortile, a trascorrere ore ‘destrutturate’ in compagnia, oggi anche lo svago è a tempo e organizzato.
Ho incontrato bambini di 10 anni che non sapevano tenere in mano delle forbici o che non sapevano strappare un foglio seguendo una linea, e vivevano entrambe le cose con grande problematicità. Il punto focale non è tanto fare per la prima volta un’attività, quanto sentire di poterla affrontare senza pregiudizi o limiti. Parte da qui la rivoluzione dell’Arte con bambini. Prima di arrivare a lavorare su qualunque contenuto, occorre trovare un contatto. Perché anche davanti a cose nuove, e all’apparenza incomprensibili, non ci sia chiusura. I codici, i linguaggi, le storie arrivano dopo. Prima ci sono le mani. Come metafora di un orientamento personale. Mani ansiose, mani titubanti, mani annoiate, mani frenetiche, mani chiuse, mani in ascolto, mani in azione. Ad ognuno di questi stati d’animo potremmo offrire uno stimolo differente. Semplicemente parlando di Arte.