Educare all’arte: un lento agire

Perché la lentezza non è più un valore? È possibile interessare dei bambini per più di 1 ora parlando d’arte? Cosa ci guadagniamo a soffermarci sui particolari?
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In un sistema sempre più frenetico e in una società in cui persone, mezzi e immagini sono votate alla “velocità” è facile farsi prendere la mano. Ovvero aumentare il passo senza neanche rendersene conto.
Il tempo di laboratori didattici (nei musei, nelle scuole, negli eventi) viene sempre più ridotto. Si consolida la pratica di mediare informazioni complesse in una sola ora di lavoro con i bambini. Considero un errore pretendere di esaurire un argomento sull’arte – di qualunque natura esso sia- in un tempo così esiguo. Un laboratorio non è solo un momento di trasmissione di informazioni, ma un luogo di incontro e di scambio, in cui valorizzare anche la sfera relazionale.
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Chi va piano resta indietro?
Esistono dei momenti, delle fasi, delle attività in cui non arrivare per primi al traguardo non è sinonimo di sconfitta! Raccogliamo suggestioni differenti a seconda della velocità a cui viaggiamo. Maggiormente ci soffermiamo su un’opera d’arte, più elementi singoli cogliamo, più interconnessioni siamo in grado di attivare!
A volte mi è stato contestato quest’approccio ‘statico’, in cui invito i bambini a soffermarsi anche i più piccoli particolari attraverso semplici osservazioni. Perché i tempi di attenzione dei bambini sono ridotti e se non arrivano in fretta al punto rischiamo di perderli. Il che può essere vero. Ma è anche vero che, se mi occupo di didattica, ho il compito di proporre visioni alternative al consueto. L’imperativo di offrire pluralità di sguardi su un mondo che è come ci appare, ma anche il suo contrario. Dobbiamo smettere di trasmettere un messaggio forviante: la lentezza non è necessariamente ritardo.
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È una questione di attenzione
I bambini e le bambine di oggi sono, senza dubbio, proiettati ad un dinamismo crescente. Ma questo non esclude che una buona pratica dell’osservazione, dell’ascolto, della valutazione e della sedimentazione dell’informazione non sia più utile.
I bambini si annoiano quando non provano interesse. Se riusciamo a scandire il tempo del nostro laboratorio dando ritmi, differenziati a seconda delle attività e delle competenze che chiediamo loro di mettere in campo, eviteremo il problema della caduta di attenzione dopo i fatidici 30/40 minuti.
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Vedere a lungo per capire a fondo
Senza allargare il discorso e allargarmi ad altri ambiti educativi, resto nel mio campo: la didattica dell’arte. È stato dimostrato che mediamente, per esempio durante una visita museale, le opere vengono guardate per pochi secondi. Per contrastare queste tendenze se attivano altre. Lo #SlowArtDay, per esempio, nasce come evento internazionale che invita invece a soffermarsi su un opera almeno 10 minuti. Quello che si vede soffermando lo sguardo per più tempo è differente da quello che si vede sorvolando l’immagine. Gli artisti operano, cercano, indagano materia, sensazioni, contenuti. Invitare a ‘sostare’ davanti ad un’opera è il promo passo per conoscerla. La prima mediazione culturale appartiene solo allo sguardo che si vi posa. Poi arriva il resto: le parole, le storie, le teorie.
Arte è sguardo d’insieme, ma anche dettaglio. Badare alle minuzie è una scelta che si porta dietro degli effetti. La visione d’insieme è indispensabile per collocare i particolari; per seguire il progetto; per visualizzare l’idea. Analizzare i pezzi del puzzle è un sistema per scoprire i codici che sottendono il tutto; per capire le possibili declinazioni; per afferrare sensi più o meno reconditi.
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Opere come frattali
Per arrivare a cogliere i diversi livelli di lettura di un’opera, prima di una preparazione storica artistica occorre tempo per indagare. Esplorare le forme che ci regala l’artista; cogliere le sensazioni che ci suscita; comprendere rimandi culturali.
Un’opera non è mai un blocco monolitico. Ma un caleidoscopio di realtà che coesistono in un’unità formale. La possiamo ammirare nel suo intero o provare a scomporla in sottoinsiemi, che a loro volta ci rimandano ad altri significati e forme che a loro volta ci suggeriscono nuovi link, verosimili e parziali, dunque personali. Uno degli scopi della conoscenza dell’arte è questo: accogliere visioni non nostre per evolvere in futuribili direzioni.