Ho trascorso l’intero weekend dal 10 al 12 novembre al Museo della Ceramica di Montelupo Fiorentino per partecipare al mio primo #museomix.È stata un’esperienza intrigante e concreta. La tensione emotiva, la frenesia produttiva e lo stress per il raggiungimento degli obiettivi sono stati contenuti dall’organizzazione e dallo staff Promocultura che, in collaborazione con il Comune di Montelupo, ha saputo lavorare con grande professionalità nel creare un clima generale accogliente e collaborativo. Ecco il racconto di quello che ho vissuto a Montelupo. Qui tutte le foto.
Cos’è?
#Museomix è una maratona creativa lunga 3 giorni in cui professionalità differenti sono chiamate a rileggere spazi, approcci, contenuti del Museo ospitante. Ai team di lavoro, supportati da esperti e strumentazioni in FabLab, Techshop e Atelier ricchi di risorse e materiali, viene chiesto di proporre soluzioni su temi specifici con la creazione di un prototipo fattuale, che si presenta ai visitatori la domenica pomeriggio e che il pubblico può continuare a testare nel museo per tutta la settimana successiva alla conclusione della maratona.
#Museomix nasce in Francia ma si diffonde oltre confine e solo nel 2017 ha visto coinvolti 2 continenti, 13 Musei, 8 nazioni e 14 luoghi. L’Italia, alla sua seconda edizione, ha partecipato oltre che con Il Museo della Ceramica di Montelupo anche con Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara ( qui il racconto Sabina Viezzoli che vi ha partecipato) e L’Archeologico al CAOS di Terni.
Per il Museo un occasione per interrogarsi sui propri punti di debolezza, che si organizza per essere invaso, che si svela a occhi nuovi, che si mette in gioco. Per chi partecipa un’opportunità di crescita personale e professionale, di contaminazione metodologica, di confronto e di contatto. Qui la community per restare sempre aggiornati e connessi. Qui i video di tutti i musei partecipanti all’ed. 2017.
Tempi e contesto
In 72 ore una equipe creativa deve produrre un progetto e prototiparlo. Il prototipo rappresenta la formalizzazione dell’idea che viene sottoposta al giudizio del Museo e del pubblico. Al nostro arrivo, dopo l’accoglienza e la registrazione, abbiamo visitato il MMAB di Montelupo. Collocato in un ex edificio scolastico accoglie, oltra al Museo della Ceramica, anche la Biblioteca e Archivio storico. Le tre istituzioni culturali, con necessità di collegarsi e dialogare tra loro, erano tutte interessate al remix. Dopo la visita guidata siamo andati in sala riunioni (plenaria) e sono stati sorteggiati i 3 team di lavoro e il terreno di gioco, ovvero il tema su cui lavorare. Così il 1° giorno si è concluso con ciascun team al proprio tavolo di lavoro, cercando di farsi venire una buona idea e, contemporaneamente, armonizzando personalità, metodi, canali comunicativi differenti di professionisti che si conoscevano e lavoravano insieme per la prima volta. Il 2° giorno intenso è stato all’insegna della divisione di compiti e di un lavoro ‘matto e disperatissimo’. Il 3° giorno in apnea per ottimizzare il prototipo, provarlo e prepararsi per l’incontro con il pubblico. Il lavoro dei #museomixer procedeva di pari passo con quello dello staff organizzativo che lavorava alla documentazione, dava supporto alle nostre richieste, scandiva i tempi con due riunioni al giorno per verificare avanzamento lavori e vedere il lavoro degli altri musei che si svolgevano in simultanea. Dal secondo giorno presenti anche un gruppo di Wikipediani che hanno lavorato all’aggiornamento di alcune voci relative al Museo della Ceramica.
Il gruppo e le scelte
“Il Rosso”, dal nome del reperto simbolo del Museo, era il nome della mia squadra. All’interno del gruppo io ero il comunicatore, Alice la designer, Emanuela la maker, Valerio il programmatore e Milo il mediatore. Serena Nocentini, direttrice del Museo BE.GO di Castelfiorentino, con funzione di Facilitatore, è stata un tutor esigente e funzionale. Interessante la primissima fase di restituzione delle suggestioni offerteci e la ricerca di una idea progettuale che raccontasse al meglio ‘Le narrazioni’, il nostro terreno di gioco.
Avevo già visitato in precedenza il Museo della Ceramica di Montelupo insieme ad un’ amica, e ho confermato la mia prima impressione: le sale sono curate e spaziose, i pezzi esposti numerosi e di notevole impatto, ma con un apparato di pannelli e didascalico che risulta piuttosto artificioso per il visitatore. Incrociando la storia della nascita del Museo con i punti critici che tutti abbiamo ravvisato ha preso il via la nostra riflessione, da qui i presupposti del nostro prototipo. Il Museo di Montelupo ha molte storie da raccontare; deve invitare a ritornare; deve offrire visite personalizzabili, deve parlare con gli utenti della Biblioteca sottostante, deve dialogare con i cittadini e proporsi come una necessaria fonte di conoscenza viva e dinamica. Dall’analisi di 109 vetrine, 1500 pezzi esposti, 500 anni di ceramica montelupina abbiamo declinato la nostra narrazione. Ed è nato il Progetto MMABot.
MMABot: Sai quante storie può raccontare un museo?
Suggestionati dai racconti e affascinati dai reperti abbiamo lavorato sulle ‘narrazioni’ del Museo indagando l’aspetto emotivo e ludico degli elementi che più ci hanno incuriosito. Volendo rendere la molteplicità delle storie e l’infinità delle connessioni, abbiamo ideato un modello, ramificato e implementabile, che consentisse al visitatore di orientare, attraverso alcune opzioni, il proprio percorso di visita. Come? Dopo aver escluso sistemi tecnologici come sensori, docce sonore, videoproiezioni e ibridi vari, siamo approdati ai chatbot. Abbiamo immaginato che il visitatore potesse dialogare direttamente con il Museo aprendo Messanger e avviando una conversazione con MMABot. Il nostro lavoro è consistito nel modulare l’interazione, costruire dialoghi, produrre i contenuti, lavorare sull’immagine e allestire la nostra postazione per la presentazione del prototipo. Suggestionati dalla storia che un nucleo importante del Museo è costituito dagli scarti di produzione (ritrovati durante uno scavo archeologico del 1979 nel Pozzo dei Lavatoi a Montelupo), abbiamo allestito un moderno pozzo da cui spuntavano scarti di ceramica. Il visitatore raccogliendo un pezzo poteva leggere sul retro le informazioni su MMABot, ma potreva anche portarselo via come souvenir della visita, promemoria del prototipo e simbolo di un Museo che si proietta verso l’esterno, fondendo spazi pubblici e luoghi privati, in una circolarità di conoscenza che si trasforma in memoria collettiva. La sorprendente sinergia del gruppo, la flessibilità e la professionalità di ciascuno ha permesso che l’intero lavoro avesse un respiro coerente e denso.
Gli altri #museomixer
Con i componenti del mio gruppo ho trascorso la maggior parte del tempo, arrivando a lavorare, gomito a gomito, senza interruzione nelle ore precedenti alla presentazione del prototipo. Tuttavia ci sono stati momenti comunitari e di condivisione che ci hanno dato modo di conoscere anche i #museomixer degli altri due team. Gli altri due gruppi, chiamati Zaffero e Arlecchini, hanno lavorato su altri due temi realizzando altrettanti prototipi interessanti..
C’era Mix è il progetto del gruppo Zaffero che ha remixato il MMAB in verticale, facendo dialogare Museo Archivio e Biblioteca attraverso un percorso di rimandi funzionali e contaminazioni reali: i libri entrano al museo e le opere spuntano tra gli scaffali dei libri. Del progetto C’era Mix ne parla qui Carlotta.
Filupo è il progetto del gruppo Arlecchini che si è occupato del terreno di gioco ‘A braccia aperte’ e che ha lavorato per connettere il territorio al Museo e viceversa. Attraverso la creazione di una app che utilizza riferimenti di opere presenti nel museo per esplorare il territorio circostante, in un dialogo interno ed esterno, per accrescere consapevolezza e allargare la fruizione.
Infine #museomix mi ha dato la possibilità di conoscere Caroline Rosnet che si occupa di didattica museale con approccio ludico e sistemico, qui potete vedere i suoi progetti, ed è presidente dell’ Associazione Mom’art che si fa portavoce dei diritti dei bambini al Museo attraverso la Carta Dieci diritti del Piccolo visitatore, che qualunque Museo può sottoscrivere impegnandosi a rendere il proprio ambiente a misura di bambino. Con lei ho condiviso appartamento, tisane e chiacchiere nelle poche ore lasciate libere dal sonno e dalla sfida creativa.
Dunque a quasi una settimana dalla conclusione di #museomix 2017 stimoli, suggestioni, contatti, idee maturate, entusiasmo. Ancora tutto in circolo!